Giovedi 10 dicembre 2015 nella sede della Sopraintendenza Archivistica della Toscana Emilio Capannelli, Ilaria Pescini e Monica Valentini hanno incontrato Federico Valacchi, per parlare con lui del suo ultimo libro Diventare Archivisti. Competenze su un mestiere sul confine (Editrice Bibliografica 2015). Il dibattito è stato molto interessante, ricco di spunti e riflessioni. In primo luogo Valacchi ha sottolineato come nelle sue intenzioni non vi fosse l’idea di realizzare un manuale di archivistica contenente indicazioni pratiche e spunti teorici per i neo-archivisti, ma piuttosto di offrire un non-manuale, volto ad evidenziare le criticità e le problematicità di un mestiere ormai di confine. Un mestiere in continua evoluzione, che si costruisce, pur partendo da una buona preparazione teorica e scientifica, sul campo, confrontandosi con le molteplici realtà che oggi si ricomprendono sotto il termine archivio ( dall’archivio storico a quello digitale). Lavoro e competenze dell’archivista, dunque, non sono date una volta per tutte, ma richiedono un costante aggiornamento. Un buon archivista è colui che sa mettersi in ascolto, che osserva la realtà e i suoi cambiamenti, ne prende atto e si interroga ogni giorno su che cosa sia l’archivistica e su che cosa potrebbe essere; è colui che cerca di governare qualcosa che non conosce ancora bene, ma nonostante ciò è consapevole che la sua opera è utile alla collettività. L’archivista è un “generoso”che non si tira indietro di fronte alle nuove sfide poste dal WEB, dai documenti digitali e dalla loro sedimentazione. Proprio perché l’archivista svolge una funzione civile e sociale, appare oggi necessario ripensare la professione in termini non solo di mediazione con la documentazione storica, ma di comunicazione. L’archivista dunque, come buon comunicatore, dovrà farsi divulgatore di una conoscenza non autoreferenziale ma che, pur basandosi su principi scientifici corretti, deve e può essere comprensibile a tutti. Proprio per questo Valacchi invita a focalizzare l’ attenzione sul linguaggio, a smettere di usare quello che chiama “archivistichese” per far sentire la propria voce a livello interculturale. Alla domanda di Monica Valentini se valga la pena intraprendere un lavoro così complesso egli risponde affermativamente concludendo che per diventare archivisti e’ necessario essere animati da una passione civile e come dicono gli spagnoli “merita la pena”.